Il dilemma della traduzione
Ogni insegnante di lingue straniere si sarà di certo confrontato con il "dilemma della traduzione": si deve o non si deve usare la traduzione, per facilitare la comprensione degli studenti durante la lezione? Chi insegna l'italiano agli stranieri ( che per quanto sia una lingua molto amata, resta comunque di nicchia) deve prendere una decisione fin dall'inizio del corso: o non si accetta l'uso di un'altra lingua durante il corso, oppure si ricorre alla traduzione, per ovvi motivi in inglese, che sembra facilitare notevolmente l'andamento della lezione, soprattutto nei corsi di livello basso.
Di certo non è nostra intenzione demonizzare il ricorso alla traduzione, anche perché la tecnologia ormai mette a disposizione degli studenti strumenti molto potenti, in tutte le lingue; tuttavia, la traduzione letterale (poiché è questo quello che l'intelligenza artificiale fa) aiuta davvero uno studente a capire la lingua straniera che sta studiando? Certo, alcune parole o espressioni sono intraducibili, pertanto il ricorso alla lingua veicolare è assolutamente lecito, ma perché lasciare, ad esempio, che la lezione di italiano per gli studenti diventi una lezione di inglese per l'insegnante? Scherzi a parte, la cosa che conta di più nell'apprendimento di una lingua straniera è comprendere il giusto contesto e scegliere il lessico appropriato; ricorrere costantemente alla traduzione rende gli studenti dipendenti ed insicuri, e li espone ad errori grossolani; al contrario, stimolarli alla riflessione, o alla comparazione con la propria lingua madre, può dare risultati che durano nel tempo, anche se ciò comporta per l'insegnante un lavoro supplementare. La nostra conclusione? Non esiste una "formula magica", ma bisogna affidarsi al buon senso: usiamo la traduzione solo quando è assolutamente necessario, e per il resto facciamo in modo che gli studenti abbiano tutti gli strumenti per arrivare da soli alla risposta giusta, con buona pace di Google Translator! 😂😂😂
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